Umberto Cassottana
La fuga dei civili dai dintorni di Cassino è ripresa e costituisce un dramma. Continuano ad arrivare, gravati di stracci e di utensili, con i volti emaciati, gli occhi pieni di terrore, le scarpe slabbrate dalle quali spuntano le dita dei piedi piagate e nere di sporcizia. Qualche gruppo si tira dietro il ciuccio e la capra. Questi, nella grotta vicino a noi, avevano tre capre ma sono stati costretti a venderne due ai tedeschi per mille lire. Quando gli porgiamo il nostro pane bianco lo passano ai bambini che, prima di mangiarlo, lo rigirano forse dubbiosi che il pane possa essere anche così.
Gregorio Diamare
Attesto per la verità che nel recinto di questo sacro Monastero di Montecassino non vi sono stati mai soldati tedeschi. Vi furono soltanto per un certo tempi tre gendarmi al solo scopo di far rispettare la zona neutrale, che si era stabilita intorno al Monastero, ma questi da circa venti giorni furono ritirati.
Antonio Grazio Ferraro
[…] Il giorno del bombardamento di Montecassino, coi compagni di lavoro e con tutti i tedeschi presenti assistemmo al bombardamento aereo seguito poi, tutta la giornata, da cannonate dirompenti. Noi Italiani piangevamo e i tedeschi ci rincuoravano dicendo: NIX GOOD MONTECASSINO CAPUT, e poi ci facevano capire: “Questa è la civiltà americana e anglosassone … distruggere l’arte!”
Martino Matronola
Atterriti sentiamo improvvisa una tremenda esplosione. Ad esse seguono altre senza numero, sono le 9,45 circa. Ci raccogliamo in ginocchio in un angolo della stanzetta, attorno al P. Abate che è ritto in piedi: egli ci dà l’assoluzione. Le spesse mura del rifugio sussultano in modo spaventoso. La parte inferiore della Badia è ancora in piedi, ma la copertura della chiesa è il cielo.
Temiamo molto di quelli ricoverati alla falegnameria: la gente ricoverata nella posta, portineria, forno, ed anche quelli del frantoio vecchio hanno abbandonato i loro ricoveri e pazzi dal terrore sono usciti fuori passando per lo scalone, all’aperto, tra l’azione incessante dell’artiglieria: parecchi cadono colpiti nel viale. Alle ore 13.00 circa sentiamo su di noi tremende esplosioni accompagnate da indescrivibili sussulti della fabbrica. Dopo qualche scoppio, un altro più spaventoso accompagnato da una scossa ancor più terribile.
Usciamo fuori dal ricovero attraverso la scala già mezzo ostruita dalle macerie. Uno spettacolo tristissimo ci si presenta dinanzi agli occhi: tutto è sconvolto. Il cortile della palestra presenta nel centro un grande cratere, il chiostro del Bramante con la Loggia del Paradiso non esiste più, la cisterna centrale è sprofondata. La grande scala, che conduce alla chiesa, è tutta sconvolta da immensi massi. Del colonnato superiore con il chiostro dei Benefattori non vi è rimasto nulla. Mentre atterriti e inebetiti dal dolore vediamo tanto disastro nell’ex chiostro del Bramante, attorno a noi, sui massi e sulle mura arrivano frequenti le granate anglo-americane.
Fra Zaccaria
Due o tre soldati con le armi in pugno si sono avvicinati all’imboccatura della grotta, uno di essi diceva forte, in italiano: ‘Su via, presto!’. Sono usciti i civili le mani sul capo. La grossa pattuglia poi coi prigionieri è discesa giù per la montagna, perdendosi di vista. Circa 800 civili si sono rifugiati tra lo scalone del monastero e i locali della Torretta, altri 200 nella conigliera. Le bombe sul sacro edificio causano diverse vittime.